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Paulucce, il Signore del Grano

  • Vanessa Angelini
  • 16 apr 2015
  • Tempo di lettura: 2 min

Ogni estate, nelle nostre zone, la trebbia viaggiava di paese in paese. Da Casebianche a Scalelle, da Osoli a Pastina, Paolucce era conosciuto e amato da tutti.

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Immaginate le nostre frazioni, oltre 50 anni fa; le strade non ancora asfaltate e spesso impervi e e le famiglie numerose, immaginate la vita bucolica di altri tempi. Era un tempo dove il grano rappresentava la principale fonte di sostentamento: un raccolto mancato avrebbe portato la fame,

ed uno scarso avrebbe imposto la scelta tra fare il pane e non avere il grano per la prossima semina, o patire la fame e sperare nel raccolto successivo.

Fin dai tempi antichi la raccolta del grano era divisa in due fasi, la mietitura e la trebbiatura; prima degli anni '50 entrambe le operazioni venivano svolte manualmente, con un grande dispendio di energia ed una notevole perdita di grano durante la trebbiatura. Dai primi anni '50, con l'introduzione della trebbia, la vita dei contadini conobbe un notevole salto di qualità. Quel mastodontico marchingegno di cinghie e pulegge, attirava l'attenzione dei più piccini e donava grandi soddisfazioni ai grandi, che vedevano messo a frutto il lavoro di un anno in una giornata o due. La trebbiatura era una festa che coronava un lungo periodo di lavoro, ma anche un impegno difficile e faticoso, reso più stancante dal caldo torrido di Agosto.

Nelle nostre zone, la trebbia che viaggiava di paese in paese, apparteneva a Paolo Apostoli e suo fratello Giovanni. Paolo, conosciuto dai più come Paulucce, nato nel 1928, si trasferì in giovane età in Belgio e dopo 11 anni di miniera, decise di tornare in Italia, dove intraprese la sua attività di Trebbiatore. Da Casebianche a Scalelle, da Osoli a Pastina, Paolucce era conosciuto e amato da tutti.

Quello del trebbiatore era un mestiere faticoso e talvolta anche pericoloso, poiché la trebbia era un macchinario particolarmente pesante, il che rendeva molto difficoltoso il raggiungimento delle zone più impervie del nostro paese.

Polucce stesso racconta che spesse volte ha rischiato di finire fuori strada con l'inevitabile

discesa a strapiombo, e addirittura una volta ha impiegato quasi mezza giornata per attraversare

un tratto di Casacagnano. Talvolta per riuscire a salire i punti più ripidi era necessario l'aiuto di molti uomini e delle bestie che trainando tutti insieme aiutavano il marchingengo nella risalita;

uno dei punti notoriamente più difficoltoso era il tratto di salita nella frazione di Lisciano, dove si rischiava di cadere infondo al burrone di Sassomaio.

Quando la Trebbiatura era conclusa gli abitanti del paese accompagnavano Paulucce nella frazione successiva e via lui ricominciava tutto da capo; era una grande festa quando lo si vedeva arrivare e con grande gioia lo si salutava a lavoro concluso. I bambini dell'epoca ricordano con quali occhi ammiranti lo guardavano svolgere il suo lavoro e lui stesso ancora oggi prova nostalgia per quei tempi antichi che mai più ritorneranno.

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