Le problematiche che affogano i piccoli comuni
- Fabio Salvi
- 26 apr 2015
- Tempo di lettura: 3 min

Siamo i piccoli comuni, siamo più di 6000 in italia e rappresentiamo la stragrande maggioranza del territorio, siamo l’interfaccia diretta con i cittadini e nello stesso tempo siamo condannati a risolvere problemi e sfide che sembrano non finire mai. Spesso affermo che ci sentiamo abbandonati dal nostro stesso stato e tanti fatti lo dimostrano come ad esempio:
I tagli lineari che ci affliggono e che ogni anno lievitano a dismisura, in pochi anni il mio comune si è visto decurtare qualcosa come 300 mila euro, solo quest’anno saranno riversati nelle nostre casse 80 mila euro in meno rispetto allo scorso anno. Dal 2010 al 2014 comuni hanno contribuito al risanamento del Paese con oltre 17 miliardi di cui 8,5 miliardi per il Patto di Stabilità e altri 8,5 come riduzione della spesa. La Corte dei Conti nella recentissima delibera 29/2014 segnala che: ”ai Comuni è stato chiesto uno sforzo di risanamento non proporzionato all’entità delle loro risorse a vantaggio degli altri comparti che compongono il conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche “.
Patto di Stabilità: A fronte di un incremento del risparmio dello 0,2%, che si ottiene dall’applicazione del patto a tali Enti, si crea un blocco generale degli investimenti nei piccoli comuni che viene ad incidere negativamente sul PIL in maniera maggiore rispetto al risparmio che si otterrebbe. Per colpa del PATTO DI STABILITA’ l’ultimazione delle opere già in corso e la realizzazione di qualsiasi opera pubblica o di manutenzione del patrimonio è resa impossibile. Le attività economiche e l’imprenditoria medio-piccola stanno morendo.
Spese per il personale: I piccoli comuni sono gli unici enti che hanno i conti a posto: il totale della spesa personale rispetto alla spesa corrente dei piccoli Comuni è del 34,65% ben al di sotto del limite massimo del 40% imposto ai Comuni dall’art 76 comma 7 del d.l. 112 del 2008. Il rapporto dipendenti/popolazione è di 1 dipendente ogni 120 abitanti: meno del rapporto minimo, 1/98, previsto dal DM 16 marzo 2011, imposto ai Comuni che hanno dichiarato dissesto. Essi, però, devono rispettare il limite di spesa del personale riferito al 2008, mentre per gli enti “ NON VIRTUOSI sono state sbloccate le assunzioni.
Complicazioni burocratiche: Nei comuni ormai non si riesce più a lavorare, nemmeno il tempo tecnico per leggere e capire una norma, che all’indomani dell’emanazione ne viene emanata un'altra di contenuto opposto o diverso e senza valutare se tale norma fosse già esistente nell’ordinamento. In materia di appalti pubblici, ad esempio, siamo già ad un record assoluto: dal 2006 ad oggi è stata apportata una modifica legislativa ogni 35 giorni circa.
Situazioni del territorio: il territorio necessità di manutenzione ma i fondi non ci sono e quando arriva qualcosa c’è l’assurdo paradosso che il comune debba pagare l’IVA al 22% allo stato.
Un’idea che è stata promossa, ma mai attuata è quella dell’associazionismo dei servizi tra piccoli comuni, ma a fronte di una buona idea non è stato mai individuato il metodo e non sono stati mai dettate regole chiare pertanto i comuni si barcamenano tra soluzioni di facciata che non portano alcun beneficio. Le fusioni potrebbero essere un arma vincente per piccole realtà vicine che potrebbero cosi superare tanti scogli sopra citati.
Non ci resta che continuare a lavorare sul campo, improvvisando soluzioni estemporanee che poco hanno a che vedere con una programmazione strutturata nel tempo, proviamo a racimolare qualcosa dai vari bandi, a volte un terno al lotto visto che la preparazione di un bando richiede tempo, preparazione e risorse.
Credo che di positivo in questo scenario ci sia la necessità di riaggregarsi come società, di rivalorizzare l’aggregazione tra cittadini e soprattutto tra giovani, sono convinto che nello spirito Italiano ci sia l’abilità ad uscire dai momenti difficile con l’unione dei cittadini.
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