Il nostro piccolo partigiano
- Pietro Perini - Vice Presidente ANPI di Ascoli
- 14 mag 2015
- Tempo di lettura: 2 min

Non avrei mai voluto fare questo intervento.
Quando incontravo Mario non potevo fare a meno di stringerlo forte, di abbracciarlo e baciarlo, ogni volta ci staccavamo insieme notando che entrambi avevamo le lacrime agli occhi.
Non dicevamo una parola ma quel lungo silenzio dopo quel nostro saluto, mentre ci guardavamo negli occhi, era molto più eloquente di qualsiasi discorso.
In fondo a quegli occhietti, sempre vispi, si riusciva ad intravedere una profonda tristezza, dettata soprattutto, come in diverse occasioni mi aveva detto, dal fatto che non avrebbe mai pensato di vedere così malridotto il proprio paese, come se tutte le sofferenze patite in guerra, non fossero servite a ricostruire un’Italia che ognuno di quei giovani come Mario, aveva sognato molto diversa.
L’anno scorso mi fece cercare dalla sorella perché voleva che fossi presente alla cerimonia che si tiene qui a Roccafluvione. Lei gli disse che non era riuscita a contattarmi, invece io avevo saputo che mi aveva cercato e venni a Roccafluvione. Quando mi vide mi corse praticamente incontro e mi abbracciò piangendo come un bambino felice. Mio figlio di otto anni mi chiese: babbo perché piangete? Gli risposi semplicemente: perché ci vogliamo bene.
Stemmo insieme tutto il giorno e quando me ne andai voleva farmi tornare a casa carico di ciambelle.
Mario era un comunista, ma prima ancora era un partigiano.
Era un comunista nel senso più ampio del significato di comunismo, era un comunista di quelli che non esistono più, di altri tempi, ancora con la falce e martello e la testa di Lenin in bella mostra sul suo berretto, uno di quelli che diceva sempre pane al pane e vino al vino. Era fiero di esserlo, ma la cosa che lo inorgogliva più di ogni altra era quella di poter dire che era stato un partigiano.
Era il nostro piccolo partigiano, di primo acchito poteva sembrare un uomo burbero e scostante ma Mario era più semplicemente incazzato. Ce l’aveva con questa nostra società che ha alienato piano piano ogni valore, dalla famiglia al lavoro, dal rispetto all’educazione e ogni volta me lo ripeteva quasi urlando, anche se la sua voce non voleva permetterglielo.
Lui che appena un ragazzino e già staffetta partigiana, resistette alle torture dei tedeschi che lo avevano catturato e lo volevano far parlare, ottenendo da Mario solo un ostinato e fiero silenzio. E Mario non solo non tradì i suoi superiori ma durante la notte benché dolorante per gli schiaffi e i calci ricevuti, riuscì a fuggire.
Mario ha contribuito alla nostra libertà e alla nostra democrazia, ha rischiato la pelle per la nostra Costituzione. Roccafluvione e i suoi abitanti devono essere orgogliosi di avere avuto nella loro comunità un uomo come lui. Sarebbe bello trovare un posto da dedicargli, un piccolo spiazzo, una piccola via da intitolare a questo grande, piccolo partigiano.
A me, personalmente, mancherà tantissimo quel nostro abbraccio che nasceva ogni volta così spontaneo, mi mancherà tantissimo quella sua voce roca eppure così potente, mi mancherai tantissimo caro piccolo partigiano. Arrivederci amico mio. Ciao Mario.
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