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Rivelami l'anima

  • Anna Cecilia Poletti
  • 29 giu 2015
  • Tempo di lettura: 3 min

Un’analisi dell’ultimo brano dei Belladonna “Undress your soul”

«Stavolta sarai contenta de me, ma’! t’ho dato retta, me so’ rimesso a posto!....

nun te dovrai più vergogna’ de me!

Ma’! apri sta cazzo de porta!!!!....

Daje ma’!!»

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Sotto una pioggia battente, incessante , ossessiva, il Libanese (uno dei protagonisti di “Romanzo Criminale” la serie ispirata alle vicende malavitose della banda della Magliana), consuma l’ultimo atto della sua vita. La morte lo sorprende nel momento di maggiore debolezza quando, come un bambino, supplica la madre di aprirgli la porta, vanta conquiste inverosimili, piange. Tutti, dal bambino più innocente, al delinquente più incallito, di fronte alla madre siamo uguali: ci fermiamo perché di fronte a lei crolla qualsiasi menzogna; lei custodisce i nostri sentimenti, conosce la nostra anima e ci rimbalza le nostre azioni. Così, disarmato, il Libanese è abbagliato e freddato. Accompagna la scena un lento, solenne, religioso, commento musicale per archi.

La scena successiva che conclude la prima serie di “Romanzo Criminale” è musicalmente commentata da quello che viene definito “Il tema del Libanese” (tema molto caro all’autore della colonna sonora Pasquale Catalano), scelto dai Belladonna come base per il loro nuovo singolo “Undress your soul”. Catalano afferma di non aver mai pensato che questo tema potesse essere trasformato in canzone. I Belladonna non sono nuovi a queste particolari interpretazioni: già molto riuscita era stata la trasformazione in canzone del tema principale della colonna sonora del film “Lezioni di Piano” di Michael Nyman e sembrano avere un vero talento per scoprire le potenzialità, le caratteristiche nascoste di una musica già compiuta e valorizzarle. In questo caso l’impressione che si ha ascoltando l’originale del tema e “Undress your soul” è che questa sia la naturale conseguenza, lo sviluppo del tema primitivo più che una semplice reinterpretazione.

Il tema del Libanese è un brano la cui linea melodica e l’accompagnamento giocano sui registri grave e acuto degli archi; la scrittura segue le caratteristiche della composizione per archi. La scena intrecciata alla musica ricorda un’altra famosa sequenza accompagnata da un quintetto di Schubert: il finale di Barry Lyndon di Stanley Kubrick, ma in quel caso la musica era preesistente. Il ritmo scandito dagli archi è cadenzato, come una marcia inesorabile. Il tema, regolare in 8 battute, è proposto una prima volta,senza introduzione, quindi riproposto dopo una sezione di passaggio. Il ritmo dell’accompagnamento raddoppia sullo stesso schema armonico e di seguito il tema viene ripresentato. La conclusione è sospesa.

Il brano dei Belladonna sembra riprendere il discorso interrotto. Nessuna introduzione e anzi, il brano non ha proprio inizio: comincia sulle ultime note del tema originale. In questo caso è l’inizio a essere sospeso. Stessa tonalità. Il ritmo dell’accompagnamento, che era già stato raddoppiato diventa ancora più incalzante attraverso l’inserimento di un tempo di Bolero, leggermente variato. La melodia principale diventa a sua volta accompagnamento ai nuovi testo e melodia creati da Luana Caraffa e Dani Macchi. La melodia si incastra alla perfezione, come le tematiche contenute nel testo, care al rock noir: il mistero, la follia, il desiderio ossessivo di conoscenza e di possesso.

Ogni uomo ha un’anima che non rivela attraverso i gesti ma i gesti sono lo specchio dei segni, delle ferite che l’anima si porta scolpite. Il gesto è apparenza, superficie, il segno è una porta verso la profondità. Attraverso i segni si può raggiungere la vera essenza di ognuno. Ma il viaggio non è illuminante, la selva è intricata, senza alcun punto di riferimento. La conoscenza vera, persino di se stessi, è impossibile. Quella conoscenza per cui Faust vende la sua anima è un bluff. E Mefisto,freddo, sadico, calcolatore, può concludere il suo canto che stavolta non resta sospeso. È uno scacco matto: “ you’re mine!”

 
 
 

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