La guerra di Pie(t)ro
- Angelo Gabrielli
- 29 set 2015
- Tempo di lettura: 4 min
Pietro Testa è stato per molti, a Roccafluvione, un compagno di lotta politica. Tenace, intelligente, deciso. Molti hanno pensato, dopo la scomparsa di Mario Cruciani, il nostro "piccolo partigiano", che fosse passato a lui il testimone di un passato in cui si era creduto possibile e imminente poter porre le basi per un mondo libero dall'ingiustizia, dove ognuno ricevesse secondo i suoi bisogni, dando, a sua volta, secondo le sue possibilità. Un testimone che purtroppo ha potuto portare per un tempo troppo breve.
Vogliamo rendergli omaggio pubblicando due testimonianze che illuminano alcuni aspetti meno noti della sua nobile personalità. La prima è di una compagna di militanza politica, Lucia Mielli, che ha pubblicato questo post sulla sua pagina Facebook. Il secondo è di una avversaria nella vita politica del paese, Anna Cecilia Poletti.

Lucia Mielli 27 settembre 2015
Oggi è morto Pietro Ingrao, un gigante della storia della nostra nazione e del comunismo. Non spenderò una sola parola perché su di lui si sta raccontando tutto, e molti lo scopriranno per la prima volta in questa occasione. Ma oggi è morto anche un altro compagno in un piccolo paese di montagna, a Roccafluvione, in provincia di Ascoli Piceno. Pietro Testa, un compagno non meno grande dell'altro Pietro per spessore morale ed etico.
Caro Pietro, ti ricordo con affetto immenso, per la tua enorme onestà, la tua profonda umiltà, la tua generosità e la tua correttezza. Ci siamo conosciuti all'ospedale Torrette di Ancona dove avevamo i bimbi ricoverati nella stessa stanza, e poi abbiamo lavorato insieme nel partito. Sempre disponibile ed affidabile, sempre accogliente, sempre positivo, sempre pronto a fare la tua parte. Si veniva su in montagna con Gino Trivellizzi per organizzare qualcosa, una riunione, un comizio, un volantinaggio ed era sempre un'allegria.
L'ultima volta che ci siamo visti era ad una festa di Liberazione, c'era la musica e ballavamo insieme. Ed io ti voglio ricordare così, allegro e sorridente, malgrado tutto, malgrado la vita sia stata così ingiustamente dura con te.
Non ho fatto a tempo a salutarti, a dirti quanto ti stimavo e ti volevo bene, ci si perde di vista in questa vita dove stupidamente si corre senza senso. Momenti che non tornano più indietro e che si riempiono di nostalgia e di sensi di colpa.
Che tu possa trovare finalmente un po' di pace, insieme a quello stupendo fiore di tua figlia.
Ti abbraccio forte come non sai
Anna Cecilia Poletti 30 settembre 2015
Fosse stato uno sportivo probabilmente sarebbe stato un pugile. Sapeva come assestare i colpi nel tuo momento di incertezza.
"Ed imbracciata l'artiglieria non ti ricambia la cortesia" cantava De André e se devo pensare alla politica di Pietro Testa non posso non pensare a battaglie senza esclusione di colpi. Feste di liberazione e piantamaggio, bacheche spostate e Che Guevara, discariche e antifascismo, il plesso a Capodipiano e il capitalismo, la biblioteca e il materialismo, "via i mercanti dal tempio" e bandiera rossa, presente trasfigurato e passato mitizzato.
Sapeva farti ribollire il sangue. Queste le battaglie in pubblico.
Il ricordo privato si confonde con lo "stupendo fiore" di sua figlia Michol e delle confidenze su di lei. Aveva una paglietta in testa e suonava un rag time, Michol, l'anno che decisi di organizzare un saggio in maschera di tutti gli allievi di pianoforte. Piera era Minnie, Pietro non ricordo... Ma allora sembrava lontana la lotta politica. Michol aveva il coraggio di chi affronta le difficoltà con la coscienza piena dei propri limiti e possibilità, fin da piccola. Da bambina con tutte le caratteristiche dell'infanzia, pianto compreso. Ma non ha mai cercato scorciatoie né si è mai tirata indietro di fronte a un ostacolo da superare. Queste caratteristiche le ho sempre attribuite all'educazione: l'albero si riconosce dai frutti. La discussione pubblica un giorno si fece più accesa, più aggressiva: il tema era la fede. Fu allora che abbandonai la discussione pubblica e decisi di scrivere a Pietro in privato. Riconobbi un urlo di dolore a cui non potevo restare sorda. E così iniziammo a parlare di LEI.
LEI di cui non aveva più la forza di pronunciare il nome dopo la scomparsa. Non era stato presente neppure al concerto in sua memoria che tennero i suoi compagni di corso. Il giorno dopo trovai un foglietto piegazzato nella posta con il ringraziamento di chi, era evidente, era stato non combattuto ma lacerato. Gli scrissi che ogni volta che passavo davanti la tomba di Michol non potevo non sentire lo strappo mai sanato, il dolore mai affievolito. Mi rispose che notava con stupore che in me si nascondeva ancora un po' di umanità e mi confidò che gran parte della sua rabbia per l'intitolazione della biblioteca era dovuta al fatto che aveva sperato in cuor suo che, almeno io, avrei potuto inserire il nome di Michol, in una rosa di possibili candidati all'intitolazione.
Rimasi senza parole. Malissimo. Seppur dilaniato da un dolore devastante, sapeva come assestare i colpi.
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