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Fusione dei Comuni: Amatrice dice no

  • Patrizia Catenacci
  • 20 mar 2016
  • Tempo di lettura: 3 min

A Volterra il 12 marzo scorso, si sono riuniti i sindaci dei Comuni Dimenticati, un movimento promosso dal sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi, che hanno messo in evidenza delle criticità del Disegno di Legge sulla fusione dei comui ed hanno ribadito la loro contrarietà al progetto. Patrizia Catenacci, Consigliere del Comune di Amatrice ne spiega le ragioni.

C’è una piccola grande Italia che si è messa in cammino per dire no all’accorpamento ‘forzato’ dei piccoli comuni previsto dal Governo in un Disegno di Legge. Questa Riforma degli Enti Locali imporrebbe la fusione obbligatoria ai Comuni sotto i 5.000 abitanti, e questo vorrebbe dire che, a livello nazionale, verrebbero tagliati circa 5700 Comuni, cioè il 70% circa dei municipi italiani. La norma prevede anche che ai Comuni che disobbediranno verranno decurtati i finanziamenti del 50%: quindi, o ti fondi o ti tagliano i fondi!

A nulla vale poi la recente esperienza sulle Unioni dei Comuni, già miseramente fallita, e per la quale la Corte dei Conti ha certificato il flop nella Relazione sulla Gestione del 2014: ‘l’aggregazione dei Comuni non genera risparmi, piuttosto impone ulteriori costi’, e così anche l’esimia Corte la pensa come i Sindaci dei piccoli comuni dimenticati e invita il legislatore a correggere la rotta. Ma ormai l’Italia sembra il paese del contrario: i piccoli comuni sono testimonianza di ricchezza storica, di bellezze naturalistiche, di tradizioni millenarie, che i freddi numeri governativi non possono certo cancellare imponendo le ‘fusioni per Legge’!

Il cuore della protesta è stato il Comune di Volterra, dove il 12 marzo scorso, si sono riuniti i Sindaci dei Comuni Dimenticati d’Italia, Sindaci che provocano, che combattono, che sorprendono, uomini e cittadini in rappresentanza di territori che dicono basta ai tagli indiscriminati alla sanità, all’istruzione, ai servizi per gli anziani, ai trasporti, pronti a difendere i diritti essenziali e costituzionali, senza i quali non si può vivere.

Il Movimento, nato da una idea del visionario Sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi, che convocò nell’ottobre del 2014, proprio ad Amatrice, gli Stati Generali dei Comuni Dimenticati, oggi è più forte di allora e incarna gli ideali di chi crede che la buona politica possa essere ancora fatta da persone libere, che non hanno secondi, terzi o quarti fini.

A Volterra i sindaci ribelli hanno difeso le loro comunità chiedendo al Governo di rimettere al centro della discussione il tema delle politiche locali, dei borghi, delle aree interne, ormai in spopolamento e dissesto idrogeologico perché affamate dai tagli.

Con il silenzio complice di giornali e televisioni si sta perpetrando in tutto il Paese qualcosa di profondamente ingiusto alle spalle di intere comunità, di tutte quelle zone periferiche o rurali che puntualmente vengono immolate come agnello sacrificale sull’altare dei numeri, minando spesso all’esistenza di quei presidi essenziali come l’ospedale, la scuola, l’Ufficio postale, ecc. senza i quali una comunità si indebolisce.

Questa politica dei tagli e delle fusioni forzate mina le nostre comunità e favorisce la scelta dell’abbandono di questi luoghi in favore del miraggio delle aree urbanizzate, ma fusione non significa obbligatoriamente risparmio - non è sempre così! - ed è chiaro che le ipotesi economiche studiate dal Governo non tengono conto di oggettive singole situazioni territoriali: nei Comuni con grandi superfici e bassa densità abitativa, ad esempio, riuscire ad erogare i servizi (e con quale personale?) in un’area territoriale ben più vasta annullerebbe tutte le presunte economie e razionalizzazioni di una fusione, peraltro obbligata.

I piccoli comuni non sono l’Italia dei campanili nel significato negativo del termine, hanno dimostrato in questi anni che sanno mettere in comune i servizi, agiscono con progetti coordinati, fanno rete e la sanno fare bene; spesso sono guidati da Sindaci illuminati, appassionati, resilienti, che si confrontano ogni giorno con la gente, ultimi baluardi di democrazia.

Sindaci contro, e allora ecco che spunta una nuova proposta di legge chiamata ‘recall’, che servirebbe a licenziare i Sindaci con un Referendum ad hoc senza dover attendere la fine del mandato elettorale, senza quorum, bastano le firme del 15% degli ultimi votanti. Manco a dirlo il ‘recall’ non è previsto che si possa applicare a parlamentari e consiglieri regionali.

Ma non si può generalizzare, se pure è vero che le fusioni obbligatorie non cancelleranno con un colpo di spugna il dissesto idrogeologico, lo spopolamento del territorio, la tutela dei servizi essenziali, i problemi di mobilità dei pendolari, ci sono comunità che sentono con convinzione l’esigenza di fondersi.

E allora la soluzione è ascoltare le comunità, il processo di fusione dei piccoli comuni non può cadere dall’alto, è importante che sia intrapreso sempre con un referendum consultivo affinché i cittadini possano liberamente e democraticamente decidere se la fusione è ritenuta necessaria o conveniente, perché in alcuni casi può realmente esserlo, ma spetta a quei cittadini decidere o meno di ricostituire un nuovo Comune forse più forte, bello e competitivo di quello di origine.

 
 
 

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