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LA VIA CRUCIS VIVENTE: QUANDO IL TEATRO DIVENTA PREGHIERA

  • Serena Kacian e Anna Cecilia Poletti
  • 27 mar 2016
  • Tempo di lettura: 2 min

Nella Giornata mondiale del teatro, che quest'anno coincide con la Pasqua, pubblichiamo una riflessione a quattro mani di Serena Kacian e Anna Cecilia Poletti uscita per il giornale parrocchiale "Camminiamo Insieme" del 2011 successiva alla Via Crucis Vivente.





Può sembrare un gioco di parole assurdo ma una delle cose di cui sono convinta è che il teatro possa diventare preghiera mentre la preghiera non possa diventare teatro.


La nostra Via Crucis che cos’è? Teatro o preghiera? Direi entrambe. Chi offre il proprio talento, chi mormora sottovoce un’ “Ave Maria”.


Quale è il valore delle “rievocazioni” nella spiritualità? Si potrebbe pensare che siano superflue, folclore, un inutile esibizionismo.

Si dice che chi canta prega due volte e ci sono culture in cui la preghiera è strettamente connessa con la danza. Sul teatro nessuno dice nulla. Ma siamo cresciuti per 20 anni con un Papa che è stato attore e drammaturgo e che ci ha lasciato uno dei testi teatrali più belli sull’amore, se non il più bello e profondo.


La prima rievocazione presentò molte difficoltà, mise in evidenza i difetti più gravi (come il Cristo senza calvario, non crocifisso ma legato a una colonna).

Eppure nessuno si fece una risata. Anzi, quasi tutti avevano le lacrime agli occhi.

Dunque preghiera. E il teatro?


Esistono corsi che spiegano come leggere in chiesa: si dà molta importanza alla declamazione, alla chiarezza del messaggio, alla solennità. Tanto che troppa enfasi appare esagerata, forzata, fuori luogo ed ecco che salta fuori l’esibizionismo. Si rischia di concentrare l’attenzione dei fedeli su di sé e non sul messaggio da comunicare. A ben pensarci troppa enfasi è fuori luogo anche in teatro.

Perché il teatro è un’altra cosa: è vivere il personaggio, capirlo, muoversi, pensare, agire come lui.

È mettere il proprio corpo e la propria mente al servizio di un progetto.

È inventare, essere creativi e non passivi.

È suscitare e vivificare le emozioni.

È creare occasioni di condivisione.

In tutto ciò sta il valore aggiunto del teatro.


E viene in scena la Via Crucis di quest’anno. Novità per molti. Su invito del nostro parroco, Don Vincenzo, oltre alle persone più esperte, si sono presentati parecchi giovani e anche dei bambini. Ero fiduciosa perché anche il tempo si preannunciava bello.

Eravamo alle prove generali, per intero, la croce pesante.

I canti delle pie donne creavano un’atmosfera, la solita, che richiamava alla preghiera.

Qualcuno, a distanza di tempo, ricorda la bellezza del paese unito nella realizzazione della Via Crucis.


Allora non ha più importanza fare recensioni, elencare personaggi e interpreti, sottolineare la bravura di Tizio o Caio. Ognuno ha recitato perché in quel momento tutti fossimo Gesù, Maria, Giovanni, il Cireneo, Veronica, Pilato. Non serve fare nomi. La nostra comunità ha interpretato una preghiera, l’ha resa propria, con i corpi, le menti, le bravure e i difetti di tutti, ricreando le emozioni su cui si basano le nostre convinzioni, perché la fede è fatta di convinzione ed emozione e di quell’elemento indefinibile chiamato dono, per cui siamo sicuri che le parole, le sole parole, per quanto ben declamate, non saranno mai sufficienti.


(foto di Luca Galotto)


 
 
 

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